Quest’anno non riesco ad uscire dal cinema contento. E’ successo per Tarantino ed è successo anche stasera per Revenant con Di Caprio e Inàrritu freschi freschi di Oscar.
Ebbene sì, mi sono lasciato convincere dai premi, soprattutto per quello di Di Caprio ed ero curioso di vedere come mai la statuetta dorata, quest’anno, gli era toccata. Tutti sui social hanno gridato: “Finalmente! Bravo Leo!” Come se fosse il loro compagnuccio delle elementari, e quindi ok, andiamo a vedere “Leo” che si merita l’Oscar.
Risultato: se era per me la statuetta l’aspettava ancora un annetto. Ma stiamo scherzando? Qualcuno mi deve spiegare perché l’interpretazione dello scout nel film “Revenant” è da Oscar. Perché?! Forse per il freddo patito durante le riprese? Non c’è altra spiegazione! Ma a questo punto dategli il premio Findus, non l’Oscar!
Il riconoscimento è per il miglior attore protagonista. Attore, quindi si presume che debba recitare. Ok, vi anticipo subito la risposta alla domanda stitica:
“guarda che si può recitare anche stando zitti eh? Gnè gnè!”
Lo so benissimo, ma qui il problema è che Di Caprio fa quello che un attore medio uscito dall’Actor Studio (ma anche dal Centro Sperimentale) saprebbe fare, cioè: lottare verosimilmente, finire un ciack difficile per le condizioni meteo avverse (se non erano effetti speciali), piangere, disperarsi (nemmeno tanto), fare il ferito da fratture multiple, tagli profondi 10 cm provocati da un Grizzly alla giugulare, ma ricucite con ago e spago da arrosto e guarire in due (2) giorni tanto da sostenere una camminata di km nella neve alta, braccato da indiani assassini, cadere da una cascata, da un burrone, stile Rambo, su un albero, infilarsi in un cavallo morto alla Skywalker ma nudo, senza prendere nemmeno un’epatite o un raffreddore, nuotare da moribondo e con 28 kg di pellicce addosso, lottare con un tipo sano e robusto e vincere, e altre cose che adesso tralascio per motivi di pudore.
Praticamente un mix tra Rambo/Terminator/Gesù, ma con più barba. Ecco, cose che in un film d’azione americano sono all’ordine del giorno, quindi…
“ma è un fiiiiillmmm!”
Si lo so che è un film, ma un MINIMO mi piacerebbe crederci e non dire ogni 3 minuti: “Ma come fa?!?” “Ma dai no!” “Ma la neve è calda?” E poi, almeno la gamba maciullata non potevano risparmiargliela? Come fa uno a camminare nella neve alta con una caviglia che due giorni prima era a L? Le ferite, passi, ma le ossa, a meno tu non sia Wolverine o il T1000 non c’è verso dai!
Vabbè tralasciamo le robe “sci-fi” e torniamo a Di Caprio. Perché gli hanno dato l’Oscar? L’ Academy forse ha letto tutti i messaggi e le vignette del “popolo della rete” che chiedeva a gran voce di darglielo?
Gliel’hanno dato per una questione matematica o di tenerezza? Che poi tra parentesi nella storia del cinema mondiale, un tipetto di nome Steve McQueen non l’ha mai preso, oppure Harrison Ford, Richard Gere, Jim Carrey, Tom Cruise, John Travolta, Sutherland, Gary Oldman, Sigourney Weaver, Michelle Pfeiffer, Glenn Close, Marylin Monroe, Mia Farrow, ecc ecc quindi cosa avesse da lamentarsi lui o chi per lui non si sa.
Io gliel’avrei dato molto ma molto più volentieri per “The aviator” “Blood diamond”, “The wolf of wall street” o per tanti altri film che ha interpretato magistralmente, ma non certo per questo qui. Ripeto: una coperta termica d’oro forse si, ma non l’ Oscar. Se poi penso ai suoi diretti concorrenti che non hanno vinto, mi viene da piangere, uno su tutti: Matt Damon.
Chiusa parentesi Di Caprio.
Il film:
Da una regia premio Oscar (il secondo consecutivo) mi aspettavo ovviamente almeno qualcosa simile a “Birdman”, ma invece, anche se questo film al cinema fa il suo bell’effetto “naturale”, anche se un quarto d’ora di tempeste in meno forse non guastava, oserei dire che l’Oscar, fosse stato per me, lo vedeva dal buco della serratura.
La storia letta sul copione (che sarà forse di 40 pagine) non è tutta questa novità, il tema della vendetta, misto al solito rimorso per i nativi che gli americani ormai hanno nel DNA e ogni tanto ce lo devono mettere per forza. Diciamo che si lascia guardare, belle inquadrature, bei paesaggi, qualche giravolta spaziale notevole con la macchina da presa, ma ormai nel 2016 non è più tutta questa novità, e Innàritu aveva fatto molto meglio in questo senso nel film precedente.
Colpi di scena direi forse mezzo. I primi 15 minuti devo dire ben orchestrati e che meritano il prezzo del biglietto, ma il montaggio, non presenta particolari segni di rilievo, direi che si rasenta il banale, ovviamente un banale hollywoodiano, quindi sopra la media di un banale di Bergamo basso.
La scena con l’orso, molto potente e coinvolgente. Bravi tutti, compreso l’orso virtuale.
SPOILER (ma tanto l’avete già visto e poi c’è poco da spoilerare)
Non so voi, ma io che il tipaccio che rimane a prendersi cura di Leo ferito, se lo sarebbe inculato (in senso metaforico) dopo 12 minuti, non l’ho considerato proprio un segreto di Fatima.
Che il figlio avrebbe fatto una brutta fine appena rimasto solo col cattivone, idem.
Che andare a cercare il cattivone in due (2) non era una buona idea e che il capitano morisse, s’intuiva già sui titoli di testa.
Lo scambio di persona sul cavallo per trarre in inganno il cattivone l’ho capito appena ho visto la canna di fucile che mirava al finto Leo.
Il capo del gruppo di francesi descritto poco e niente, molte questioni con gli indiani appena accennate, la figlia del capo indiano rapita appare all’improvviso col commentino maschilista/sessista annesso per giustificare tutta la storia degli indiani che la cercano.
L’indiano “buono” che come tutti gli indiani saggi dei film, capisce tutto al volo, lo cura, fa un po’ MacGyver della situazione, poi esce di scena all’improvviso, impiccato con un cartello “selvaggi” per ribadire il sotto testo che i selvaggi sono i bianchi e la critica allo sterminio dei nativi americani ecc ecc ecc. Tema impegnato ma non certo una grande novità.
Il figlio meticcio di Leo è il motore che spinge il film ma rimane un personaggio incompleto. Mi è piaciuto molto di piu’ l’antagonista a Leo (Tom Hardy) e alla fine se un oscar c’era da dare in questo film, o era per lui o per il giovane ragazzo (Will Poulter) loro compagno di sventura che almeno “recita”! Piange, ride, ha paura, prova rabbia, cambia espressione insomma!
Ora, lungi da me dire che in questo film, Di Caprio ha due espressioni (citando il M° Leone): con il sangue/bavini/vomito in bocca o senza. Lungi da me, non lo scriverei mai… però ribadisco che l’Oscar per il miglior attore protagonista, si dà per altre interpretazioni.
Mi rendo conto che questo film lo sto trattando un po’ troppo duramente, ma ci sono andato con un’aspettativa enorme, anche consigliato da amici, e sono uscito arrabbiato più che deluso, perché l’occasione era potenzialmente ghiotta e il regista non è un pivello. Sa girare e si vede, gli attori sono grandi attori, i mezzi sono superbi, compresi orsi, bufali e cervi finti che sembrano più veri di quelli finti, ma l’Oscar no via… no!
Leo, se sei un uomo torna all’Academy e incazzati perché ti hanno fatto uno scherzo. Vai nell’ufficio al 72° piano, entra coi bavini già pronti agli angoli della bocca e urla: “Ragazzi io vi ringrazio e mi fa piacere che v’ho fatto tenerezza, ma ora lo scherzo è durato anche troppo.
Con questa roba che ho fatto non è possibile che mi venga dato l’Oscar, al limite un altro Golden Globe????, sennò veramente hanno ragione a dire che l’Oscar non è sinonimo di qualità, poi gli italiani a fare l’Actor studio due mesi non ci vengono più, e come campano dopo che tornano a fare gli insegnanti in Italia e aprono 18 scuole in 18 paesini diversi per poi mandare gli allievi a “Uomini e donne”? Eddai su! Siete e siamo migliori di tutto ciò. Tenete, la statuetta l’ho baciata appena una quindicina di volte, è praticamente nuova. Se non la volete datela in beneficenza alle riserve indiane, così serve a qualcosa”.
Rinviviamolo.