Sono un attore, questo è il mio mestiere. A Roma frequento prevalentemente colleghi. Non ho amici d’infanzia, di scuola, di vecchia data insomma, proprio perché non sono nato a Roma. Quindi non ho amici che mi telefonano per chiedermi: “che fai stasera? Si esce? Si va al cinema? Si va a imbroccare in disco? Un pockerino?” Insomma se esco c’è sempre un “evento”, non esco mai come si dice a Firenze “a bischero sciolto” anche perché l’età del cazzeggio per le vie della città è passata (per fortuna). Quello che segue è il racconto dell’ennesima festa a cui sono andato, perché una volta l’anno va fatto, perché fa parte del mio lavoro e allora io vo a lavorare. Ho tralasciato riferimenti precisi di nomi e cognomi per ovvi motivi. Buona lettura.
Pochi giorni fa vedo su facebook un evento in un locale del centro organizzato da un ente di cui faccio parte. Tra i “parteciperò” noto molti colleghi, tra cui una ragazza con cui dovevo parlare di un lavoro in sospeso, e allora mi son detto: “approfitto della situazione e una volta tanto faccio un po’ di vita mondana, mi vedo qualche collega, baci abbracci, che farai, cosa hai fatto…” e già che ci sono parlo anche un po’ di lavoro che non fa mai male. Mi metto l’abito da festa e mi presento una mezz’oretta più tardi rispetto l’orario di inizio che era le 21:30. Trovo miracolosamente posto a cinque metri dal locale e tutto felice mi appresto ad entrare ma… c’è già la fila fuori! “Sarà la gente che fuma” mi son chiesto. E invece no, era proprio la fila per entrare. Ma come?! In genere alle feste “vip” si arriva il più tardi possibile per farsi notare, e invece oggi si sono fatti notare tutti arrivando alle 21? Saranno cambiate le cose visto che io mi faccio queste feste ogni nove mesi, praticamente un cesareo. Guadagno faticosamente l’entrata, cominciando a scrutare le persone che incrocio. Il locale è angusto, una serie di corridoi stretti si diramano su più livelli. Da sopra arriva musica dance, da sotto qualcuno canta, davanti a me ho il bar, stracolmo di persone. Ma ecco il primo vero Vip, quello famoso, già un po’ alticcio, che vuole uscire a fumare. Mi passa accanto mentre qualcuno cerca di salutarlo baciandolo. “Oi ciao Fra!” Mi sento chiamare, mi volto ed è una collega che dopo il classico “come stai tutto bene anche io grazie ma alla fine sti cazzi di come stai” mi informa che l’hanno presa in una trasmissione tv presentata da un comico in declino, e che lui però è simpatico perché ci ha preso un aperitivo insieme. Si chiede come mai io, essendo un comico, non ci sia andato. Le rispondo che mi hanno chiamato due volte per fare il casting ma ho rinunciato perché c’era da portare troppo repertorio per fare tutto il talent show, e che poi io i talent non li voglio fare, per tanti motivi, uno su tutti è che il “talent” preferisco farmelo giudicare dalla gente che mi viene a vedere in teatro o al cinema, non dalla Lucarelli in Tv, con rispetto parlando (per la tv). Va bè… la saluto e mi avvicino ancora al bancone ed ecco che un uomo mi guarda insistentemente e mi si avvicina. Abbronzato come un pescatore di Gioia Tauro, doppio petto e drink in mano. “Ci conosciamo? Fai l’attore?” “Bè stasera trovare uno che fa il tramviere è un po’ difficile essendo una festa organizzata da chi si occupa di diritti d’autore per attori… poi a Roma se butti una monetina su una folla di 100 persone, 90 sono attori, o dicono di esserlo.” “Non ci siamo mai incontrati sono sicuro, sennò mi ricorderei sicuramente di te, non mi sarei scordato… però non mi sei faccia nuova, e che faccia!”. Accetto il complimento velato e ribatto che anche a me non è faccia nuova. “Hai fatto qualcosa in RAI” chiede “Si ultimamente ero a Verdetto Finale” “Ahhh ecco dove ti ho visto, io ogni tanto sono ospite sul divano…” “Allora dei due sei sicuramente te quello famoso” rispondo “Ma scusami io non sono molto esperto di personaggi televisivi, ma ti avrò visto lì”.
Insomma alla fine mi ricordo: è un famoso stilista che fa il giudice in una nota trasmissione RAI. Simpatico devo dire e con un sorrisino che metà bastava per capire tutto quello che c’era da capire. “Vado che ho degli amici ma ci rivediamo dopo eh?” “Vai tranquillo a dopo”. Scendo di sotto e mi trovo in un’altra coda. Non si sa per cosa. Accanto a me c’è una ragazza con i tratti orientali, rossa di capelli, con un cappotto in mano. Le chiedo se sa cosa fanno la dietro e lei mi risponde che cercava il bagno ma non l’ha trovato. Dopo cinque minuti capiamo che è la coda per farsi fotografare con un cartello in mano raffigurante il logo dell’organizzatore della festa. Bah… una foto più una meno male non fa… siamo pur sempre attori no? E quindi tra una chiacchiera e l’altra arriviamo dal fotografo e ci facciamo fare un servizietto lampo. Nel senso di tre foto. E ora? Sentiamo una voce femminile cantare dietro di noi, guadagnamo l’uscita di quel loculo ed entriamo in un’altra poco più grande, gremita di gente seduta su piccole panchine o in piedi. Sul palco una ragazza canta accompagnandosi con una chitarra ma vederla è impossibile. Un muro di carne ci sbarra la visione. Peccato perché a sentirla era brava. Sono le 23… io mi sono già divertito, la ragazza con cui volevo parlare non c’è, la ragazza orientale che ho conosciuto poco fa, che si chiama… oddio il nome vero è tipo un codice fiscale detto frettolosamente da Tiziano Ferro mentre canta disturbato da Jovanotti, quindi si fa chiamare Claudia. Insomma decidiamo di uscire e di andare a casa. Nel tragitto di ritorno, succede un classico di queste feste: la ragazza incontra l’agente delle dive. Eh già, mentre stiamo per varcare la soglia, un paio di tipi, (che chiameremo Tipo1 e Tipo2) uno sui 50 anni, l’altro sui 40, uno pelato l’altro in via di.., entrambi in doppio petto incravattati, come due forzaitalioti del ’94, uno con accento partenopeo, l’altro romano, la bloccano con questa frase: “avevamo visto giù di sotto questi tuoi occhi luminosi e non ce li volevamo far scappare”. A questa frase mi sono bloccato e volevo accendere la telecamera del telefono per documentare la pantomima ma mi sono trattenuto. Claudia, molto timida, attrice alle prime armi che parla italiano da sei mesi, accenna un sorriso e si ferma educatamente. Creiamo subito un ingorgo di persone che vogliono uscire o entrare. Andiamo fuori. Cominciano a turno a riempirla di complimenti del tipo “potresti fare cinema” “potresti fare la cantante lirica” (questa non l’avevo mai sentita sinceramente) “potresti fare la modella”. Tipo 1 fa da sponsor a Tipo 2 e millanta crediti artistici sull’agenzia di modelle che ha. Lei sempre zitta. Tipo 2 le chiede immediatamente il contatto facebook. Tipo 1 le ammolla un biglietto da visita con tutti i suoi recapiti, mobile, fisso, ufficio, casa, mare, campagna, suocera, gatto, cane, amico che gli tiene il cane. Lei sempre zitta. Tipo 2 le chiede dove sta di casa, la sventurata risponde. Sono sicurissimo che se avesse risposto un qualsiasi altro quartiere di Roma e nel Lazio, lui ci sarebbe passato per tornare a casa e si offre all’istante di accompagnarla, non calcolando minimamente che era con me e potevo pure essere il suo ragazzo e che tra parentesi si poteva anche innervosire. Rumoreggio… Tipo 2 si accorge finalmente che esisto e mi guarda piacione: “Non ti preoccupare, siamo gente per bene l’accompagnamo solo a casa eh?”. E ride. “Guarda che se vuole andare a casa l’accompagno io non ti preoccupare”. Ride ancora. Claudia finalmente parla: “si stavo andando a casa veramente mi accompagna lui”. Non ride più. Insiste. “Se vuoi ti offriamo un drink, non vuoi rientrare?” La ragazza sorride imbarazzata. “Ha detto vuole andare a casa” dico. Quindi Tipo 2, il più giovane tenta la carta “distrazione” nei miei confronti, mentre Tipo 1 continua a tampinarla millantando comparsate nel mondo del cinema e lavori con quelli famosi tipo Forum… Tipo 2 sempre con un sorriso simpatico come una spinta per le scale, mi attacca un pippone sul lavoro dell’attore, che è difficile e che se non conosci non vai avanti (o che cosa nuova e originale) poi, sempre senza che io proferissi parola, tira fuori il portafoglio e da esso estrae un porta biglietti da visita tipo Verdone in “Troppo forte” e mi fa vedere quanti bigliettini ha prima di darmene uno della sua sconosciutissima agenzia. Tra gli altri vedo un bel TIM e quindi gli chiedo che lavoro faccia. Coprendosi la bocca per non farsi sentire da altri mi confida che lui di lavoro fa il procacciatore TIM, cioè quei rompipalle che vanno in giro per case e negozi a cercare di venderti i contratti telefonici, e poi “per arrotondare” fa l’agente delle dive. “Ma perché te fai solo l’attore?” Come per dire: “ma che mica mi dirai che lo fai sul serio ‘sto lavoro, e che non ti serve solo per rimorchiare come faccio io?”. Rispondo: “sì, io fo solo questo di lavoro” “Ah si? Ah ma allora sei famoso? Infatti somigli a Roul Bova! Ma non te l’ho già detto prima?” Da dietro le mie spalle spunta uno che somiglia a Roul Bova come io somiglio ad un aspirapolvere e grida: “No, l’hai detto a me prima! E quanti semo?!” Tra parentesi nemmeno io ci somiglio ma lasciamo stare. Intanto Tipo 1 insiste nell’invitarla a bere di nuovo e a dirle che lui conosce tutti (ma tutti chi? Boh). La loro tattica è ben oliata, se incontrano ostacoli tipo me che non gli mollo la donzella, uno deve tampinare il problema e l’altro la ragazza, poi dividono. Quindi Tipo 2 mi chiede quanto “tiro su al mese”. Da come me l’ha chiesto mi sa che dei due chi “tira più su è lui” ma non gliel’ho detto. Ho risposto che ci campo, e lui sconsolato: “beato te, io invece devo dare metà di quello che faccio a mi’ moje che m’ha lasciato due anni fa li mortacci sua!” Comincio a capire il perché… “Oh se cerchi un’agenzia possiamo parlarne, vedo sei giovane io posso inserirti, ci passeremo una decina di anni io sono del ’74!” Con una battuta gli dico che ho fatto il militare prima di lui di un anno e lui dopo aver incassato che dimostra come mio zio, recupera subito pronto: “ho fatto tre anni in marina a Grosseto!” e io di risposta alla Totò, sempre prendendolo per il culo: “Io tre anni il militare a Cuneo!” “Bella fratè!” E mi ha dato la mano tutto contento… Tipo 1 e 2 si guardano, confabulano con lo sguardo, capiscono che non mollo e allora vanno sul virtuale. “Daje bella se sentimo su facebook, i numeri e i dati li hai fatte sentì che possiamo lavorà bene!” Lei sempre zitta. Prima di andare via l’ultima perla: “Dovevamo annà al compleanno di Xxx al Gilda ma so’ na massa de vecchi sai che palle, allora semo venuti qui che ce sta bbella ggente ggiovane”. Dopo questo salutino ognuno è andato per la sua strada, e io ho un altro motivo in più per confermare come mai non mi piace andare alle “feste” che poi feste di cosa… per cosa, non si sa. E’ tutto un salutarsi, dirsi cosa stiamo per fare e che magari non faremo, progetti che faremo che abbiamo fatto che vorremmo fare, tanti “ci vediamo dai, auguri, non ti fai mai sentire, poi ti chiamo” e puntualmente nessuno chiama, o chiama solo per invitarti (a pagamento) a vederlo a teatro. Ecco perché non vado alle feste, ecco perché ci vado una volta l’anno, ecco perché non ho amici a Roma.