Quando si avvicina il giorno del concerto torno un po’ adolescente. Mi ricordo la prima volta che li vidi nel 1991. “No prayer on the road” si chiamava il tour e veniva dopo tre anni di silenzio. Tre anni che io, sedicenne, aspettavo come un affamato cronico di metal. Li ho conosciuti grazie ad un amico delle medie, Gabriele Doria, chitarrista e ora fonico a Lady Radio, che mi fece innamorare di questo meraviglioso gruppo con l’album “The number of the Beast” che è anche un album difficile come primo ascolto, ma in quel 1988 mi fulminò. Quello fu l’anno del meraviglioso “Seventh son of the seventh son” ma per strane alchimie non andai al concerto e quindi quest’anno ho voluto recuperare. Già due anni fa me li vidi a Udine con il tour gemello del 1985 “World slavery tour”. Questa volta hanno voluto rifare il “Maiden England ‘88”.
Sono arrivato alla fiera di Milano mentre si esibivano i Megadeth, americani coetanei dei Metallica. Dave Mustaine, il cantante ne faceva parte agli inizi. Non sono un loro grande fan, ma due pezzi me li sono goduti “Symphony of destruction” e “Countdown to extinction” del 1992 (quando li ascoltavo). Mustaine ancora canta bene, anche se grugnisce più che cantare, ma ha grinta, pure vestito con un’angelica camicia bianca e jeans normalissimi. Il chitarrista invece fa pena. Assolini stiracchiati e pure sporchissimo, insomma conosco amici molto più bravi. Ma in questi casi quello che conta è fare spettacolo. Salutano dopo un’ora di concerto e tante belle cose.
Quest’anno ho fatto il “signore”. Con un sovrapprezzo ho comprato il posto riservato “gold circle” che mi ha dato l’accesso alle prime file, proprio sotto il palco. Sono arrivato alle 19:45 e zak! In quinta fila. Mai successo in vita mia. Intorno a me c’è di tutto: famigliole con il padre brizzolato, ragazzini di 16 anni con fidanzatina metallara annessa, soggetti tatuati, rasati e borchiati anni ’80, capelloni classici con gli anfibi e vestiti di pelle nera e quelli come me, “normali” con la maglietta del 1992 Monster of Rock di Modena e basta, ma che non ho visto a nessuno… tiè!
Alle 21:00 puntualissimi, parte “Doctor Doctor” la cover degli UFO che da sempre ci fa capire che sta per cominciare il concerto. Tutti subito sfoderano i cellulari per immortalare il momento. Questa mania di vedersi il concerto tramite cellulare, mi pare un’assurdità priva di senso. Come ha detto Renato Zero: “ma che fate mi guardate attraverso quei così? Sto qua, ma quando ve ricapito!”
Anche io ho fatto 4 o 5 foto con il mio cellulare vetusto (e così deve rimanere) e un filmatino sul finale, ma ho visto gente che abbassava le braccia solo quando aveva i crampi. Comunque il concerto parte con “Moonchild” e subito tre coglioni dietro a me spingono come forsennati. Davanti c’è il parapiglia totale, e si vedono coppiette “giovani” e ragazze che abbandonano il campo al primo minuto.
“Si comincia bene!” penso tra me e me, memore delle battaglie che in passato ho dovuto fare per mantenere la posizione. Finivano i concerti ed ero un bagno di sudore, con graffi sulle braccia, vestiti strappati e zozzerie su tutto il corpo. Ma fortunatamente gli animi si placano e il concerto è filato liscio come l’olio. Si vede che l’età avanzata degli spettatori si è fatta sentire… “Can i play with madness” e “Two minutes two midnight” sono i prossimi brani. Bruce inizia un po’ in sordina, fa cantare più il pubblico che lui, ma piano piano si scalda e comincia a zompare per tutto il palco, si arrampica sulle americane laterali, si cambia di costume ad ogni canzone, scherza col pubblico, con i compagni, un vulcano. I ritmi delle canzoni però sono rallentati. Questo mi è un po’ dispiaciuto perché in genere dal vivo viaggiavano più veloci che nei dischi ma si vede che si volevano riposare. Si è notato soprattutto in “Wasted years” dove si sono notate anche le zappate di Smith, o forse erano di quel cane di Janick Gers che ancora dopo 25 anni non ha imparato a suonare la chitarra, e farebbero meglio a tenergliela a volume 0. Va bene solo come animatore di palco o quando fanno le terzine con le chitarre gemelle, per il resto… ABBASSATELO! Sporchissimo negli assoli, non regge il confronto con i colleghi, sempre perfetti, soprattutto Dave Murray, che con quei trilli ci ha fatto tornare al 1988 immediatamente. Abbigliamento Bruce Dickinson, orribile, menomale che ogni tanto lo camuffavano a seconda della canzone. Molto bello il look di “Seventh son of the seventh son” molto dark/noir. Steve Harris invece pare che ha fatto un patto col diavolo: è identico a 20 anni fa, nell’abbigliamento, nel modo di suonare, nel “mitragliare” il pubblico, nel saltare da un lato all’altro del palco. Dave Murray invece si è ingrassato un bel po’, a tratti pare Renato Zero, anche nelle movenze… e ho detto tutto. Il batterista Nico, sempre simpatico, generoso, che alla fine ha buttato tutte le bacchette e le pelli che aveva rischiando pure la decapitazione di qualche fan. Quindi va in scena “Phantom of the opera” mai sentita dal vivo, una delle mie preferite e non è stato perfetta solo per il tempo, anche qui rallentato rispetto alla versione in studio. Quindi “Afraid to shoot strangers” e “Fear of the dark” le uniche due canzoni extra tour originale. Poi “The prisoner”, “The evil that man do” “The profecy” “The clairvoyant” “The trooper” “Run to the hills” “The number of the beast” le classiche insomma, dove s’è pogato in allegria, fino a “Running free” con annessa presentazione del gruppo. “Iron Maiden” ci ha presentato il pupazzone di turno, questa volta un Eddie con l’aborto in mano che si muoveva… simpatico.
Hanno fatto anche il bis ma non mi ricordo cosa hanno suonato… mi aspettavo “Hellowed be thy name” ma non l’hanno fatta, peccato. Forse mi dimentico qualche pezzo ma sto scrivendo di getto e poi chi se ne frega. Ancora una volta questo gruppo mi ha dato grandi emozioni. Io li chiamo affettuosamente “Gli zii”, perché ormai dopo 25 anni che li ascolto, sono diventati come parenti. Fino una decina di anni fa li ascoltavo giornalmente e direi che durante l’adolescenza, un po’ il culo me l’hanno salvato anche loro, quindi gli devo molto e quando vengono in Italia il minimo che posso fare per sdebitarmi è andarli a vedere e applaudirli. Alcuni li criticano perché a quasi 60 anni continuano a fare i “metallari” sui palchi di tutto il mondo, ma perché dovrebbero smettere se ancora riempiono le arene? Tutto esaurito anche questa volta, mica s’era in 100 eh? Se poi suonano sempre bene e si fanno il culo per farci divertire, il minimo che si può fare è andare a vederli, altro che criticare. Quindi spero di rivederli presto, anche senza un nuovo album, vanno benissimo quelli (e son tanti) che hanno fatto in 30 anni e passa di carriera, unendo tre generazioni di pubblico. Quindi che dire: viva il metal, viva gli Iron Maiden!