Rispolverando alcuni vecchi monologhi che ho scritto è uscito fuori questo che scrissi per una collega donna di tournè… Che ne pensate?
Musica forte da discoteca. Entra in luce una donna di mezza età, leggermente spettinata. Ha una scopa in mano e un secchio nell’altra. Entra in un cerchio di luce, e si protegge il volto dal raggio che la illumina. Lentamente si abitua alla luce. Scruta il pubblico. Si guarda addosso. Cerca di rassettarsi il vestito che non è certo elegante. Un vestito da casalinga a fiori coperto da un grembiule. Si toglie dalle orecchie un paio di piccole cuffie. Imbarazzata comincia a parlare.
Non pensavo ci fosse qualcuno. (si infila le cuffiette in tasca) Ero passata solamente per vedere se avevano pulito. Io non lavoro qui. Cioè si lavoro qui ma non faccio la… il… quello che fanno qui. Le riunioni, le cose da uomini importanti, o donne importanti. Non ho sentito la sirena per via delle cuffie. Le portano tutti adesso e volevo provare. In effetti si lavora meglio se hai un po’ di musica nel cervello. Ho provato anche fuori da qui ma ho paura. Ho paura che arrivi una macchina, non la sento e finisco male. Ma anche qualcuno che mi conosce e mi chiama, mi vuole salutare e io non lo sento. Capita così di rado. Qui invece non corro il rischio di essere salutata. Nessuno sa chi sono. Se mi devono chiamare mi chiamano “signora” e io li ringrazio perché visto che non sono sposata magari lo fanno per rispetto. A volte però aggiungono “delle pulizie” e allora credo che lo sappiano che non sono sposata… Scusate. Erano pensieri miei. Voi avete i vostri sicuramente più importanti. Anche una donna delle pulizie però può avere pensieri “importanti”. Ops ho detto “donna delle pulizie”? Scusate non è politically correct. Ora si dice “collaboratrice familiare” COLF. Mi fa strano questo nome. E’ simile al golf ma a me fa venire in mente una tartaruga. Si una tartaruga rivoltata. Che annaspa, si agita soffre e non riesce a rivoltarsi. Da piccola ne ho uccisa una. Non l’ho mai detto a nessuno. Ma non l’ho fatto per cattiveria. Avevo sei anni… Volevo solo vedere cosa c’era dentro. Presi un paio di tronchesi, quelle che si usano per tagliare il filo di ferro. Per me erano come un martello gigante. Poi presi la tartaruga e la rivoltai. Aspettavo di vederla che si rigirava da sola… ma invece… stava li. Mi guardava… muoveva le zampe. E io… PUM! (fa il gesto di picchiare col martello) Niente.
Era davvero dura. PUM! Sul petto. E Crak! Povere tartarughe. Non possono nemmeno urlare per farti capire che sentono male. Non hanno mica espressioni del viso. Noi siamo fortunati. Per impietosire qualcuno che ci vuole fare del male possiamo piangere, gemere, cambiare espressione, mettersi in una posizione di difesa… anche solo per fargli pena, ma una tartaruga come fa? Non ha artigli, non può piangere non può parlare… E bastano un paio d tronchesi e una bambina di sei anni per farla fuori. Sanguinava. E allora mi spaventai. Ci misi sopra un secchio e via! Il giorno dopo mio padre la trovò, dette la colpa a mio cugino che si prese pure uno schiaffone, e la cosa venne sepolta, come la mia povera tartaruga. Insomma il termine COLF mi fa ripensare alla mia tartaruga. E allora quando me lo dicono mi innervosisco. E’ l’unica volta che ho fatto del male ad un essere vivente. Poverina. Tempo fa volevo prenderne un’altra ma sto al quarto piano con la terrazza e una mia amica mi disse che un giorno la sua “Cecchina” (sorride) carino il nome “Cecchina”, si era suicidata gettandosi dalla terrazza, colpendo un bambino che giocava nel cortile, che scappò correndo con tutto il sangue in testa in mezzo alla strada dove provocò un incidente tra un motorino e una macchina, una d’epoca, sapete di quelle che valgono molto e che qualcuno compra apposta per risparmiare sul bollo e l’assicurazione, ma che poi con i pezzi di ricambio ci rimette più che a comprare una Ferrari nuova. Lo so perché mio padre aveva una FIAT 850. Carina. Però non si poteva guidare per più di due ore di fila che bolliva tutto. Un fumo bianco che mi faceva ripensare all’inverno. E a quando in giardino giocavo con la mia tartaruga. Ve l’ho detto come è morta no? Poverina. (sospiro, pausa) Dopo la tartaruga ho cominciato a mangiare. Non che prima non mangiassi. Però era come non essere mai contenta e non vedere l’ora di arrivare al pasto successivo. Poi una volta in un ristorante lessi sul menù “brodo di tartaruga” e solo il fatto di leggere “tartaruga” e che fosse commestibile, me lo fece ordinare. Buono! Ma cominciai a digiunare dai sensi di colpa. Tornai “normale”. (pausa) Ma dovete andare via? Andate pure eh? Io tanto finisco dopo. Questi pavimenti sono dispettosi. Sembrano puliti e dopo che hai finito ti volti… e sono come quando hai iniziato. (guarda in terra) Non è mica cotto. Questa è pietra serena. (striscia col piede) Hanno quegli scannelli che si riempiono di sporco e devi strusciare il doppio che la sera non ti senti più la schiena. Ci vorrebbe un massaggio ma non me li posso permettere. (suono di cellulare) E chi sarà adesso? (prende un cellulare su un mobiletto) Se lo sono dimenticati. (lo guarda, esita poi lo prende e risponde) Pronto? Si, io non… (cambia atteggiamento) Si sono io mi dica. Adesso non c’è dica pure a me. Ma si che posso capire non sono mica la signora delle pulizie! Si si il fatturato, gli indici di bilancio ok ci penso io li bilancio stasera appena torno a casa, si. La percentuale? Eh… quella di ieri… certo che è possibile. Era chiusa la borsa ieri? Avranno avuto un lutto improvviso, purtroppo capita, di questi temp… (chiude la telefonata. Preme i pulsanti della rubrica poi legge) Eleonora, Elena, Francesca, France casa, fra mare, fra 20bari Fede18 chat, france metro, francesca treno20, hmm gli piacciono giovani e sui mezzi pubblici a questo… figlia sandro, ma bravo… guido, helena con l’H, Giulia mare, Giulia regina… regina? La chiamerà così a letto? “Mmm sei la mia regina!” (fa una giravolta come se ballasse con la scopa e poi sospira) Io non sono stata mai la regina di nessuno. (cerca le cuffie in tasca se le mette poi guardando il pubblico riprende vigore) … però… quando qui ci sono solo io, qui sono una principessa! (esce ballando e cantando)
Scritto da Francesco Gabbrielli per Tatiana Winteler
Gennaio 2009
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