Un capitolo del mio libro…

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Provini “strani”…

Per la verità i provini più “strani” li ho fatti quasi tutti a Firenze, dove sono nato e vissuto per ventisei anni. Firenze sarà anche la capitale della cultura ma per lo spettacolo possiamo benissimo stendere un velo pietoso. Nemmeno Cecchi Gori a suo tempo, è riuscito a creare un qualcosa di decente e funzionante a parte qualche emittente privata e qualche cinema che nel giro di dieci anni ha poi fatto fallire. Se hai la malaugurata idea di fare l’attore incappi per forza in tanti farabutti che non aspettano altro che spillarti un po’ di soldi, promettendoti facili successi. Quando ho cominciato io, erano all’incirca i primi anni ’90. In TV davano ancora il “Drive In”, “Striscia la notizia” strisciava solo da qualche mese con un Gianfranco D’Angelo d’epoca e un Ezio Greggio che ancora dimostrava l’età che aveva. Pubblicità occulta come se piovesse in ogni fiction e la legge Mammì era appena stata varata dopo gli scandalosi decreti pro-Berlusconi di Craxi. Ma fu proprio grazie al nostro presidente coi tacchi (mi tocca pure ringraziarlo) che sui tre canali Fininvest fece la comparsa il meraviglioso carrozzone di soubrette, lustrini, presentatori, spot e Mike Bongiorno onnipresente. Completamente a digiuno su tutto quello che riguardava il mondo dello spettacolo, cominciai a cercare qualcosa che poteva somigliare ad un “provino”. Non c’era Internet, non c’erano giornali specializzati sui casting, non c’erano agenzie “serie” almeno a Firenze, ma questo io non lo sapevo. In casa mia a parte “Postal Market” e “La Nazione” non girava altro. E fu proprio su “La Nazione” che dopo gli annunci matrimoniali, qualche signorina discinta e le offerte di lavoro in fabbrica lessi sottolineato in grassetto: “Cercasi giovani ragazzi di talento da inserire nel mondo dello spettacolo”. Vai è fatta! Ecco l’annuncio che aspettavo da anni. Chiamo subito e una gentile signorina mi invita il giorno dopo a recarmi presso gli uffici del signor Alessio S. (scusate mi auto-censuro ma viste le condizioni in cui versa la giustizia italiana che premia chi delinque, non vorrei che mi spillasse altri soldi) Dicevo, Alessio S. noto giovanotto fiorentino ex… un po’ di tutto, che ha saputo sfruttare l’ingenuità di tante persone (me compreso). Nel suo ufficio il “signor” S. è subito entusiasta anche se mi presentai con degli orribili scarponi gialli da tamarro e il bomber nero ma portato alla rovescia per cui diventava di un colore arancione-bus, che allora andava di moda. In testa, da quanta gelatina avevo messo, pareva di averci un casco, ma lui mi disse che c’erano ottime possibilità di lavoro per me, perché ero un bel ragazzo di talento (ma come fece a vederlo? Misteri degli agenti preveggenti) però voleva vedere delle foto professionali che ovviamente non avevo. Velatamente mi fece sapere che lui me le poteva far fare, ma che potevo portargli anche le mie ovviamente. Tutto contento, tornai a casa e mi misi a cercare un fotografo professionista per un book. Trovai un maestro di tennis non mi ricordo come, che tra un rovescio e una volè faceva anche le fotografie. Un pomeriggio e trentasei foto in un garage trasformato in studio fotografico, bastarono per immortalarmi “professionalmente” (disse lui) per la prima volta. Dopo una settimana vedemmo il risultato: passabile per l’epoca, oggi sarebbe “molto scadente, quasi vergognoso” ma erano altri tempi. Intanto il signor S. mi bersaglia di telefonate a casa (non esistevano i telefonini) anche alle otto di mattina, dicendo a chiunque rispondesse, che c’era un pubblicitario famosissimo che mi aveva visto (ma dove?) e che mi voleva far fare degli spot a New York (accidenti ma da NY questo proprio qui a Firenze mi doveva scovare? Sono proprio fortunato!) Insomma più le balle erano grosse e più io gli credevo. Tutto baldanzoso e col mio book nuovo fiammante sotto braccio andai in agenzia a consegnare le foto. Non rimaneva che stare in attesa accanto al telefono per la chiamata del pubblicitario di NY… che non arrivò mai. Dopo una settimana chiamai io ed il nostro super agente con le mèche mi disse che quel pubblicitario aveva visto le foto ma non gli erano piaciute (ma non gli ero già piaciuto prima di aver visto le foto? Altri misteri…) e se ne era tornato negli USA. “Peccato se solo tu avessi avuto delle foto professionali migliori!” Eh già, ecco cosa era… le foto professionali non andavano bene e dovevano essere rifatte. Fu solo un caso fortuito che lui in quei giorni avesse disponibile un fotografo libero per farmi un book come si deve e che quel book costasse “solo” due milioni e mezzo delle vecchie lire. Così il buon agente, dopo avermi tenuto a conversazione più di un’ora per invogliarmi all’investimento sicuro nel tempo, riuscì a far firmare a me, che avevo diciannove anni 2.480.000 lire di cambiali, tutte con scadenza mensile. E guai a ritardare di due giorni il pagamento sennò puntuale arrivava la lettera del notaio con la maggiorazione delle spese da saldare immediatamente, pena il protesto e pignoramento dei beni. Dentro di me però pensai: “sarà servito a qualcosa questo book, mi farà lavorare!”. In oltre un anno nemmeno un provino, niente. Ogni tanto ricevevo una strana lettera dall’agenzia, dove c’era scritto che dovevo farmi fotografare mentre bevevo una Coca Cola, indossavo un paio di jeans, una tuta sportiva, un paio di occhiali da sole. Costringevo mia madre a farmi le foto in salotto e le mandavo all’agenzia appena le sviluppavo. L’avrò fatto una decina di volte, pagando rullini, sviluppo, spedizione. Tutto di tasca mia. Scriverle adesso queste cose mi fanno sorridere per l’ingenuità mia e della mia famiglia, ma ci sembrava tutto così “normale”. Il mondo dello spettacolo ha i suoi costi, le sue stranezze, i suoi tempi lunghi. Tutto sembrava dovuto, pareva quasi che il signor S. mi facesse un favore a chiamarmi per quelle foto. Intanto il mio book “professionale” prendeva la polvere in un cassetto della mia scrivania. Dopo un anno ancora niente, nemmeno un provino. I miei contatti con il signor S. terminarono il giorno stesso che gli pagai l’ultima cambiale. Esattamente dopo quel giorno non ricevetti più nessuna telefonata, tranne una volta, che quasi mi divertì da quanto era assurda. Mi telefonò infatti, chiedendomi se facessi ancora karatè, perché cercava un ragazzo atletico per fare la RISERVA di un altro ragazzo che doveva fare, forse, il Power Ranger mascherato ad una festa in discoteca… In due anni di presenza nella sua agenzia, questo è tutto quello che seppe propormi questo super agente dai capelli tinti. Da quella volta silenzio assoluto. Lo incontrai anni dopo per caso, in una discoteca di Firenze ed ebbe il buon gusto di non salutarmi nemmeno. Forse era il caso di cambiare agenzia, o meglio, di fare senza e farmi aiutare invece da qualcuno che almeno insegnava teatro. Mi iscrissi a “recitazione” come amavo chiamare quei pomeriggi di quasi venti anni fa, che a ripensarci mi vengono i lucciconi agli occhi. Capii finalmente che nessuno nasce “imparato” ed i corsi di teatro sono fondamentali.
Tornando brevemente ai book fotografici, se qualche attore alle prime armi sta leggendo questo libro, ricordo che un book costa massimo quattrocento euro sviluppo e stampa inclusi e chi vi fa le foto deve essere anche molto bravo. Un altro consiglio che mi sento di dare spassionatamente: mai andare a provini letti sui quotidiani. Sono tutte, e ripeto TUTTE, fregature. Chi fa i provini seri non li sbandiera ai quattro venti anche perché sennò si presenterebbe pure la vecchina di novantotto anni che prima di esalare l’ultimo respiro vuole dire tutti i suoi malanni in tv. Le produzioni fanno i casting attraverso le agenzie o se hai un culo smodato, conosci l’aiuto regista che ti chiama, o sei l’amante dell’aiuto regista, o il cugino dell’aiuto regista gay (gli aiuti regista non sembra ma hanno un bel potere). Ultimo consiglio: diffidate di tutti gli agenti fiorentini che si chiamano S. di cognome, biondicci, con le mani sudaticce e il sorriso da venditore di aria fritta. Insomma: niente provini dai giornali! Purtroppo a me nessuno lo aveva detto e ci sono cascato anche più di una volta… “repetita juvant!” che non vuol dire “la Juventus ripete”, è latino ignoranti!
E allora… leggo su questo quotidiano tra le offerte di lavoro e le offerte delle sveltine straniere, che una azienda produttrice di jeans cerca un testimonial per la sua nuova campagna pubblicitaria. Gradita bella presenza. Arrivo puntuale con il mio book nuovo fiammante e una segretaria mi fa accomodare in sala d’attesa. Un distinto signore sulla cinquantina mi invita ad entrare in un ufficio. Sembra tutto apposto. Mi spiega che lo spot sui jeans deve essere un po’ allusivo, ironico e che si deve inquadrare una zona particolare. Comincia, con giochi di parole, a farmi capire di che zona si tratti e che questa “zona” dovrebbe essere come dire… consistente e ben individuabile. Insomma dovrei farmi riprendere il pacco. Io, ingenuo come una verginella in un film porno, non mi passa manco un per l’anticamera del cervello di dire: “ma non ci si può mettere un po’ di cotone e via? Che hanno i raggi X?” No, invece annuisco interessato, anzi mi preoccupo, perché insomma… ora non è che io sia Rocco Siffredi, ma la porca figura l’ha sempre fatta… ma a “riposo” non è che ci sia tanto da mostrare! Ma lui come se niente fosse mi fa riempire una scheda dove devo inserire nome, cognome, altezza, colore occhi, capelli, misure… tutte le misure, anche del mio pisello. Io che era dai tempi delle elementari che non me lo misuravo con quei calendarietti millimetrati che ti regalavano a scuola vi ricordate? Io andavo dalle suore e dietro ai nostri c’era Santa Lucia protettrice dei non vedenti con sotto la scritta “Se ti tocchi diventi cieco!” Ma io la fregavo perché me le facevo ad occhi chiusi… Ecco, io la misura precisa non ce l’avevo. E penso dentro di me: “E ora… esagero? E se poi sbaglio e se ne accorgono?” Insomma ero molto preoccupato. Il tipo vede che perdo colpi e mi viene in soccorso: “Sai la produzione deve sapere le misure di tutto e sottolineo tutto, perché poi in base a quelle sceglierà l’attore.” Ed io: “finalmente ho qualche possibilità: scelgono una testa di cazzo!” “Insomma si deve misurare” mi dice. “Ma adesso sono “a riposo” cosa misura? Sarà come un dito migliolo di un piede di bambino, poi fa anche freschino e il freddo si sa… restringe eh!” Ma lui con nonchalance prende abilmente un metro da sarta e mi dice: “noi si prende le misure a riposo… e poi loro calcolano quanto sarebbe la misura “in tensione”. Manco avessi una barra d’alluminio… le prove di torsione gli fanno?! E poi “loro” chi? Sono dei medici? Degli ingegneri meccanici? Degli esperti di previsioni erettili? Altri misteri. Insomma tutta una bella scusa per toccarmelo. Ci rimasi male quando capii il vero motivo di quel provino, e ci sto ancora più male ora che dopo quindici anni, ancora non mi hanno spedito i risultati dei calcoli!

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